Allegri ha segnato un decennio di storia juventina, nel bene e nel male. 8 stagioni in panchina, 10 sotto contratto, segnati da un'altalena di critiche e apprezzamenti che ha pochi eguali nella storia della A.
Nel 2014 arrivò tra i fischi e le urla "non ti vogliamo". Ex Milan, reduce da un esonero, successore dell'idolo Conte..lo scetticismo aveva diverse ragioni ma Maxi ci mise poco a mettere tutti d'accordo, almeno per un po'. Perché quando vinci 5 scudetti e centri 2 finali di CL c'é poco da dire.
Eppure l'esonero del 2019 fu accolto come una buona notizia. Non c'era la campagna "AllegriOut" degli ultimi tempi ma i tifosi, con la pancia piena di scudetti, volevano di più, volevano il "bel giuoco" per dirla col suo ex datore di lavoro Berlusconi.
Allegri é il volto di una fase storica in cui la fisionomia e la mentalità juventina iniziano a cambiare: Vincere é fondamentale ma non é più l'unica cosa che conta. Eppure, come spesso accade con le rivoluzioni, al primo passo falso la spinta innovatrice viene sopraffatta dalla nostalgia di un passato che la delusione rende dorato.
E così ecco la controriforma: Dopo gli esperimenti non pienamente riusciti con Sarri e Pirlo, si torna bruscamente ad Allegri, a un calcio che bada al sodo, e il suo massimo esponente stavolta viene accolto (da molti, ma non da tutti) come un salvatore.
Questo lungo passo indietro si rivela però più dannoso dei due passetti in avanti precedenti. La squadra non é più stellare, Max é più rigido e dogmatico, i risultati pessimi, e così Allegri se ne va com'era arrivato 9 anni fa, tra i fischi, lasciando una squadra che gioca peggio e vince meno di quelle dei suoi predecessori.
Un epilogo amaro, che però non cancella quanto di buono é stato fatto in questo decennio, nel mondo del calcio una vera e propria era.
